IL CONSIGLIO EUROPEO. I capi di Stato e di governo hanno concordato sull’idea che quella migratoria “è una sfida non solo di uno Stato membro, ma di tutta l’Unione nel suo insieme”. Manca, però, una giurisdizione comune per capire che cosa fare

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Il Consiglio europeo ha trovato un accordo sui migranti solo al termine di una lunga giornata – e nottata – di discussioni. La premessa da cui partono le conclusioni è che quella migratoria “è una sfida non solo di uno Stato membro, ma di tutta Europa nel suo insieme”.

I capi di Stato e di governo si sono detti “determinati a continuare e rafforzare l’azione per prevenire un ritorno ai flussi incontrollati del 2015 e ridurre ulteriormente la migrazione illegale su tutte le rotte esistenti e nuove”.

Per il Mediterraneo centrale, “l’UE continuerà a stare dalla parte dell’Italia”, rafforzato il sostegno alla regione del Sahel, alla Guardia costiera libica, alle comunità costiere e del sud del Paese.

“Tutte le navi che operano nel Mediterraneo devono rispettare le leggi applicabili e non ostruire le operazioni della Guardia costiera libica”.

Riconosciuta la necessità “di un nuovo approccio fondato su azioni condivise o complementari tra gli Stati membri per gli sbarchi di chi è salvato nelle operazioni di ricerca e soccorso” in mare. In questo contesto, i leader chiedono alla Commissione di “esplorare rapidamente il concetto di piattaforme regionali di sbarco” nei Paesi terzi che dovrebbero “operare distinguendo le situazioni individuali dei migranti, nel pieno rispetto del diritto internazionale e senza creare un fattore calamita”.

“Sul territorio dell’Unione europea chi viene salvato secondo il diritto internazionale dev’essere preso in carico sulla base di uno sforzo condiviso, attraverso il trasferimento in centri controllati istituiti in alcuni Stati membri, solo su base volontaria”.

Dovrebbero essere effettuate in modo rapido e “con il pieno sostegno dell’UE” le procedure per “distinguere tra migranti irregolari, che saranno rimpatriati, e chi necessita di protezione internazionale, per cui si applicherà il principio di solidarietà”.

Come chiesto dai paesi di Visegrad – Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria – la ridistribuzione dei richiedenti asilo si effettueranno “su base volontaria” e “senza pregiudizio per la riforma di Dublino”.

I leader hanno anche concordato di trasferire 500 milioni di euro dal Fondo europeo di sviluppo per rifinanziare il trust Fund per l’Africa e di sbloccare la seconda tranche da 3 miliardi per la Turchia.

Come chiesto dai paesi di Visegrad, sulla riforma del regolamento di Dublino il Consiglio europeo ha ribadito che una decisione sarà presa per consenso (all’unanimità degli Stati membri), senza utilizzare la maggioranza qualificata prevista dal trattato. In una concessione all’Italia, la riforma dovrebbe “tenere conto delle persone sbarcate dopo operazioni di ricerca e soccorso”.

Sui movimenti secondari – i migranti che si trasferiscono dai Paesi di primo ingresso in altri Stati membri in violazione delle regole di Dublino – il Consiglio europeo ha ricordato il “rischio” di mandare in crisi Schengen e ha chiesto agli Stati membri di prendere tutte le misure interne necessarie a limitare questi movimenti. Inoltre, come chiesto dalla cancelliera tedesca, Angela Merkel, le conclusioni hanno chiesto agli Stati membri di “cooperare strettamente tra loro” per limitare i movimenti secondari.

Il programma del Consiglio europeo

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Stefania Barcella
Giornalista iscritta all’albo dei pubblicisti della Lombardia (IT)