LA QUESTIONE DELLA SIRIA. Forze del regime sono entrate nell’enclave curda di Afrin, appoggiando le YPG contro l’offensiva della Turchia, denominata “Ramoscello d’ulivo”: questa rischia però di deteriorare i rapporti con Russia e Stati Uniti

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Cresce la tensione fra Siria e Turchia. Membri delle milizie fedeli al regime siriano sono entrate nell’enclave curda di Afrin per opporsi all’avanzata turca. Immagini diffuse dalla tv libanese al-Mayadeen mostrano mezzi con le bandiere siriane, con miliziani a bordo e carichi di armi, mentre fanno il segno della vittoria entrando nell’area dell’enclave curda, oggetto di una pesante offensiva da parte di Ankara, iniziata il 20 Gennaio. Secondo la stampa ufficiale turca, però, le truppe di Assad si sarebbero già ritirate dopo gli attacchi dell’artiglieria turca. Resta il fatto che l’area è spazio di guerra e conquista del potere da parte di chi ha la meglio.

Il rapporto  Siria-Turchia

L’intervento delle forze legate all’esercito del presidente siriano Bashar Al Assad è in atto per appoggiare le Unità di Difesa del popolo curdo (YPG) impegnate da oltre un mese a respingere l’offensiva di Ankara. La Turchia considera l’YPG come una propaggine siriana del Partito dei lavoratori del Kurdistan (PKK), dichiarato fuorilegge dal 1984. Il presidente turco Erdogan, intervenendo davanti al Parlamento, ha mostrato ottimismo pur aggiornando l’elenco dei soldati di Ankara caduti in battaglia e ha dichiarato che l’operazione “Ramoscello d’ulivo va come previsto, avendo occupato 300 chilometri quadri nella regione”.

Il rapporto Turchia-Russia

L’intervento militare della Turchia sta sottoponendo a un insostenibile sforzo però i rapporti già sfibrati con la Russia, alleato chiave della Siria. Il presidente turco Erdogan aveva già avvertito il suo omologo russo Putin che qualsiasi sostegno dal regime siriano all’YPG, “avrà delle conseguenze”. E l’assedio annunciato rientra nella strategia preventiva di Ankara: “Nei prossimi giorni il centro di Afrin sarà rapidamente circondato, il sostegno alla città e alla regione dall’esterno sarà interrotto e il gruppo terroristico (YPG) non avrà più l’opportunità di negoziare con nessuno”, ha annunciato il presidente turco.

Il rapporto Russia-Siria

La Russia, dal canto suo, sembra voler dare ragione al presidente siriano Bashar Al Assad, che difficilmente si muove senza una via libera preventivo di Putin, e teme una presenza turca nel paese mediorientale: “Abbiamo ripetutamente affermato – ha dichiarato il ministero degli Esteri russo, Serghei Lavrov – che sosteniamo pienamente le legittime aspirazioni del popolo curdo. Riteniamo sbagliato – ha aggiunto riferendosi alla situazione ad Afrin – che qualcuno approfitti delle aspirazioni del popolo curdo per i suoi giochi geopolitici che non hanno nulla a che fare con gli interessi dei curdi e della sicurezza regionale”.

Il rapporto Turchia-Stati Uniti

L’operazione “Ramoscello d’ulivo” ha messo a dura prova anche i legami già difficili tra Turchia e Stati Uniti, che avevano supportato i combattenti di curdi di YPG nella sua lotta contro i jihadisti dello Stato islamico in Siria. Gli Stati Uniti hanno invitato la Turchia a mostrare moderazione, avvertendo che l’offensiva rischia di diluire la lotta contro i terroristi. Per risposta, Erdogan ha minacciato di estendere l’offensiva alla città di Manbij detenuta dalle YPG. Nel tentativo di allentare la tensione con un alleato degli Stati Uniti nella NATO, il segretario di Stato americano Rex Tillerson aveva fatto una visita in Turchia la settimana scorsa, durante la quale aveva tenuto un lungo colloquio con Erdogan e il ministro degli Esteri Mevlut Cavusoglu. Ne erano usciti con l’intenzione di lavorare “insieme” in Siria per superare la loro crisi, con “priorità” alla ricerca di una soluzione per la città strategica di Manbij.

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Stefania Barcella
Giornalista iscritta all’albo dei pubblicisti della Lombardia (IT)