Charles Aznavour: “Io sono un istrione e l’arte, l’arte sola è la vita per me”

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Lei forse sarà la prima che io non potrò dimenticar, la mia fortuna o il prezzo che dovrò pagare. Lei è la canzone nata qui, che ha già cantato chissà chi, l’aria d’estate che ora c’è nel primo autunno su di me.

Lei, la schiavitù la libertà, il dubbio la serenità, preludio a giorni luminosi oppure bui. Lei sarà lo specchio dove io rifletterò progetti e idee, il fine ultimo che avrò da ora in poi.

Lei, così importante così unica, dopo la lunga solitudine, intransigente imprevedibile. Lei, forse l’amore troppo atteso che dall’ombra del passato torna a me per starmi accanto fino a che vivrò.

Lei, a cui io non rinuncerei, sopravvivendo accanto a lei ad anni combattuti e avversità. Lei, sorrisi e lacrime da cui prendono forma i sogni miei, ovunque vada arriverei a passo a passo accanto a lei.

(Lei, Charles Aznavour)

Oltre 1.000 canzoni scritte nella sua carriera, oltre 300 milioni di dischi venduti nel mondo, 90 anni compiuti lo scorso Maggio e un’unica data italiana, domani, al Centrale Live del Foro Italico. Sto parlando di Charles Aznavour: lo chansonnier d’oltralpe, l’istrione di origini armene scoperto da Edith Piaf.

Aznavour a Roma, ed è subito evento. Lo guardo e lo ascolto durante la conferenza stampa indetta per presentare la sua unica data italiana del tour mondiale, e sono incantata e rapita da questo mito vivente della canzone francese.

Formidabile.

Sincero, appassionato, vero.

«Io amo moltissimo il mio mestiere, c’è tanta gente che lo fa per amore dei soldi o per la notorietà. A me piace stare sul palcoscenico, mi piace il contatto con il pubblico. Non si tratta di misurarmi davanti al pubblico, perché io mi sento già molto vicino a lui e in tutte le lingue che parlo mi racconto: racconto tutto di me, parlo di tutti i miei problemi, di tutte le mie difficoltà. Per me si tratta di dire tutta la verità, anche come uomo. Fai della tua vita un’avventura, sorprendi gli uomini e le donne intorno a te con umiltà, gentilezza, semplicità».

Un artista che eleva il testo, facendo di ogni singola parola una poesia.

«È la difficoltà di tutta la mia vita, la voce: ho sempre avuto problemi di gola, ma sono riuscito a fare una carriera fingendo che la voce non avesse importanza e credo che il pubblico lo abbia capito. Quello che scrivo non ha nulla a che fare con la voce, ma con la mia mano, con la mia scrittura e con quello che ho in testa. E ciò che arriva al cuore del pubblico resta, e quello che resta è quello che ho scritto, e non il suono della mia voce. La soluzione è il testo, non la musica, che invece mi obbliga a prendere note alte e note basse. Lascio stare la musica e penso soltanto al testo. Ignorando la musica sono tranquillo. So già che anche il pubblico ignorerà la musica e seguirà il testo. Quello che si ricorda di Aznavour sono le parole, e meno le note».

Un uomo grande e gentile:

«Il mio successo lo devo al pubblico, ma anche a chi ha creduto in me, che mi ha fatto crescere professionalmente portandomi in tournèe in giro per la Francia e permettendomi di arrivare – io figlio di immigrati con un’infanzia difficile alle spalle – a cantare all’Olympia e poi ovunque. La gente per me è il mio pubblico e il pubblico è per me un membro della mia famiglia. Sono molto vicino al mio pubblico quando viene ai concerti e sono sempre molto gentile con chi ne fa parte. Alcuni hanno anche visitato casa mia e si sono fatti delle foto con me. Li lascio fare, anche perché in fondo tutto quello che ho lo devo al mio pubblico. Ovviamente è anche frutto del mio lavoro, ma è anche il pubblico che ha fatto un lavoro per me e non lo dimenticherò mai».

Ogni concerto – ogni giorno – è diverso perché diverso è il pubblico, il posto dove suoni e il tuo stato d’animo. Trovo che tutto ciò sia immenso, una grande lezione di musica e di vita. Parlo con amici durante un aperitivo raccontando di questo approfondimento su Aznavour e subito ricordano le sue canzoni più celebri: Lei (il cui testo, stupendo, ho già trascritto all’inizio), L’istrione, E io tra di voi, Com’è triste Venezia… Le ascolto, entro nel testo e nella melodia. Nella sua straordinaria arte del raccontare.

«E la commedia brillerà del fuoco sacro acceso in me. […] Io sono un istrione e l’arte, l’arte sola è la vita per me. Se mi date un teatro e un ruolo adatto a me il genio si vedrà».

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Stefania Barcella
Giornalista iscritta all’albo dei pubblicisti della Lombardia (IT)