LA SVOLTA DI HONG KONG. La governatrice Carrie Lam ha annunciato il ritiro del controverso disegno di legge sull’estradizione in Cina, che ha innescato mesi di proteste. Balzo della Borsa locale, ma si teme non basti per gli attivisti

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La governatrice di Hong Kong, Carrie Lam, ha dichiarato ufficialmente che ritirerà il controverso disegno di legge sull’estradizione in Cina, che ha innescato mesi di proteste.

Il ritiro è effettivamente l’inizio di una risposta politica e ha fatto fare un balzo di gioia alla Borsa locale (schizzata al rialzo del 3%), ma – oltre ad arrivare con enorme ritardo – accoglie solo una delle cinque richieste del movimento.

La reazione degli attivisti

In risposta all’annuncio della Lam, l’attivista leader per la democrazia Joshua Wong ha dichiarato che il ritiro del disegno di legge sarebbe “troppo poco, troppo tardi”. In una serie di tweet ha affermato che tutte le richieste dei manifestanti devono essere soddisfatte.

I manifestanti, nel dettaglio, vogliono anche un’indagine indipendente sulla presunta brutalità della polizia, un’amnistia per gli arresti e maggiori riforme politiche che garantiscano diritti democratici completi. Chiedono inoltre che i funzionari smettano di descrivere le proteste come rivolte.

La sintesi dei mesi di proteste

Iniziate il 31 Marzo, dopo tre mesi le manifestazioni si sono trasformate in una sfida contro il governo della città e contro l’influenza di Pechino. La maggior parte delle manifestazioni si è svolta pacificamente, ma alcune si sono trasformate in scontri caotici.

Le proteste si sono verificate quasi quotidianamente al fine di interrompere il regolare corso degli affari nella città. Questi disordini hanno messo sotto pressione il governo, che ha risposto con un massiccio dispiegamento di forze di polizia, spesso accusate di un utilizzo eccessivo della forza.

Hong Kong è stata restituita alla Cina nel 1997 dopo oltre 150 anni di dominio britannico. È rimasto semi-autonomo secondo il principio “un Paese, due sistemi”, ma alcuni temono che la Cina stia cercando un maggiore controllo.

Il nodo della norma sull’estradizione

La norma che ha scatenato le proteste di Hong Kong regola l’estradizione dei sospetti verso i Paesi con cui al momento l’ex colonia britannica non ha un accordo specifico. Ufficialmente il governo di Carrie Lam – capo esecutivo di Hong Kong dal 1° Luglio 2017 – l’ha presentata per risolvere il caso di un cittadino taiwanese accusato dell’omicidio della fidanzata, attualmente in carcere a Hong Kong.

Il problema è che tra i Paesi coinvolti c’è anche la Cina continentale: così per i milioni di cittadini scesi in strada la legge ha finito per rappresentare un attentato all’autonomia della città rispetto a Pechino, non solo giudiziaria. In un primo momento, nonostante le proteste Carrie Lam l’ha difesa, decidendo poi di sospenderla dopo gli scontri attorno al Parlamento del 12 Giugno. Hai quindi dichiarato che la norma era di fatto “morta”, ma il rifiuto di ritirarla del tutto ha alimentato la rabbia dei cittadini.

Se, infatti, l’emendamento alla legge sull’estradizione fosse approvato dal Parlamento locale, consentirebbe di processare nella Cina continentale le persone accusate di aver commesso alcuni crimini. Gli oppositori temono che la legge possa aprire la strada a un maggiore controllo della Cina sul sistema giudiziario di Hong Kong, e che in futuro possa facilitare la repressione del dissenso politico.

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Stefania Barcella
Giornalista iscritta all’albo dei pubblicisti della Lombardia (IT)