Il senso di Sanremo: oltre il terrore e le incertezze, la voglia di vivere e cantare

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Amati Lettori,

si è conclusa la settimana di Sanremo: la “società in musica”. Gli italiani criticano, polemizzano e si lamentano, ma alla fine hanno garantito ascolti da record (soprattutto i giovani, con picchi di share dell’86%) al team di Claudio Baglioni, Michelle Hunziker e Pierfrancesco Favino. Sono stati oltre 40 milioni e mezzo gli italiani che hanno avuto almeno un contatto con il Festival e il contatto medio, per tutte le serate, è stato di 5 ore e 50 minuti. Una “società in musica”, dicevamo, che ha mostrato tutta l’umanità del suo tempo: tanto nella macrostoria quanto nella microstoria di ciascuno di noi. Ne sono un esempio evidente le due canzoni vincitrici, quella della sezione Nuove Proposte (Ultimo, “Il ballo delle incertezze”) e quella della sezione Campioni (Ermal Meta e Fabrizio Moro, “Non ci avete fatto niente”).

meta-moro

Partiamo proprio da quest’ultima: un destino, quello della canzone di Meta-Moro, che ha tenuto col fiato sospeso migliaia di fans. Piaciuta subito, al primo ascolto, un pugno dritto nello stomaco per il potere evocativo dei fatti reali menzionati. Poi oggetto di verifica in base al regolamento, sotto l’accusa di plagio: sospesa momentaneamente dalla gara, è stata successivamente riammessa grazie ad un cavillo numerico legato alla percentuale di testo ripetibile. E, infine, vincitrice del Festival. “Non mi avete fatto niente”, di Ermal Meta e Fabrizio Moro, è una canzone densa di riferimenti a cronache realmente accadute: attentati costati la vita a molte persone, colpevoli soltanto di essersi trovate nel posto sbagliato e nel momento sbagliato. O, forse, di sbagliato c’è solo il gioco di potere che sta dietro a tutte le “inutili guerre”. La speranza è quella di riuscire ad allontanare, con la forza della musica, il terrore provocato dalle bombe. Un alto grido, quello di Meta e Moro, che racchiude tutta la voglia di vita che va avanti, e che vuole andare avanti, nonostante tutto.

Si parla del Cairo: l’ultimo attacco, solo in ordine di tempo, si è verificato a Dicembre 2017 ed è costato la vita a 9 persone. Poco prima, nel Sinai, n’erano morte più di 300. Si parla delle Ramblas di Barcellona: qui, il 18 Agosto scorso, 13 persone persero la vita falciate da un camion lanciato sulla folla. Si parla della Francia: il riferimento è alla strage del 13 Novembre 2015, quando morirono in 137 a causa di una serie di attacchi terroristici che sconvolsero la città di Parigi. Si parla di Londra: era il 15 Settembre 2017 quando un ordigno rudimentale esplose nella metro; nessun morto, ma 13 feriti e panico fra i pendolari. Si parla di Nizza: dove il 14 Luglio 2016 un autocarro bianco guidato da un terrorista si lanciò sulla folla che festeggiava la festa nazionale francese in memoria della presa della Bastiglia, provocando 86 morti e 480 feriti. Sono tutti fatti indelebilmente scolpiti della mente di ogni lettore e di ogni ascoltatore. Sono ferite che lasciano il segno, sono macigni che appesantiscono il cuore di chi si sente ed è cittadino del mondo, consapevole di ciò che accade al di là della propria porta di casa.

ultimo

Parallelamente, fra le Nuove Proposte,  ha vinto Ultimo (già nome d’arte significativo: colui che si pone dalla parte degli ultimi per sentirsi primo) con “Il ballo delle incertezze”. Questo giovane ha portato sul palco dell’Ariston tutta la precarietà di chi ogni giorno fatica a costruirsi un futuro, di chi ha più domande che risposte, di chi ha perso tutto rischiando. Così cantando, ha saputo trasformare la realtà in poesia: c’è il ballo delle incertezze che dobbiamo imparare a danzare, ma pur sempre alla ricerca di un senso (“se c’è un senso a tutto questo”).

Da cornice, l’amore in tutte le sue sfumature, prevalentemente nelle note di nostalgia di Annalisa con “Il mondo prima di te”, di Ron con “Almeno pensami”, e di Noemi con “Non smettere mai di cercarmi”. Un amore ch’è un tutt’uno con la magia nella “Leggenda di Cristalda e Pizzomunno”, musicata da Gazzè. Un amore che si deve imparare a vivere, come insegna “Imparare ad amarsi” della Vanoni: e a cantarlo è non a caso una donna con un bagaglio di esperienza arricchito da personalità come quelle Strehler e Paoli. C’è stato spazio anche per l’amore quotidiano cantato in dialetto romano da Barbarossa: solitamente le canzoni d’amore raccontano dell’innamoramento o della separazione, il primo o il dopo; questa canzone è una sorta di bilancio di un amore che dura una vita, con i suoi alti e bassi, i suoi piccoli riti quotidiani, le liti e le riappacificazioni. Un amore “Eterno”, come quello cantato da Giovanni Caccamo. Significative postille, la realtà dei migranti in “Stiamo tutti bene” di Mirkoeilcane e la realtà delle molestie sulle donne in “Senza appartenere” di Nina Zilli.

sanremo

La conduzione di Baglioni, Hunziker e Favino ha superato ogni aspettativa, rivelando doti e talenti inesplorati. Ma, soprattutto, la musica è stata la grande padrona di casa, come peraltro dovrebbe essere in quello che è il Festival della canzone italiana: questa era una caratteristica tutt’altro che ovvia e tantomeno rispettata nelle altre edizioni, nelle quali si puntava più sugli intermezzi che sulle canzoni. La musica è tornata in auge, con il ruolo che le spetta: essere specchio dell’umanità che la vive e la canta. E gli italiani, dal canto loro, si sono riscoperti un popolo che ha voglia di vivere e cantare, al di là delle storture di questo incredibilmente “brutto mondo” che pare aver smarrito quel senso di eterno e d’infinito, la pace e l’amore. Ricordiamocelo, nei prossimi giorni, quando in radio, andando al lavoro, riascolteremo le canzoni sanremesi. Ricordiamoci che ci si può amare, e fare la pace. Eternamente. Infinitamente.

Buona Settimana (di San Valentino).
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Stefania Barcella
Giornalista iscritta all’albo dei pubblicisti della Lombardia (IT)