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Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha incontrato al Quirinale alcuni studenti delle scuole secondarie di primo grado. Di seguito alcune fra le domande più significative dei ragazzi e le relative risposte del capo dello Stato.
Nello svolgimento del suo quotidiano lavoro, spesso le capiterà di dover firmare provvedimenti che non condivide, come si comporta in questi casi?
“Quando mi arriva qualche provvedimento, una legge del Parlamento o un decreto del governo, io, anche se non lo condivido appieno, ho il dovere di firmarlo, anche se la penso diversamente. Devo accantonare le mie convinzioni personali perché devo rispettare quello che dice la Costituzione: che la scelta delle leggi spetta al Parlamento e la scelta dei decreti che guidano l’amministrazione dello Stato spetta al governo. E se non firmassi andrei contro la Costituzione. C’è un caso in cui posso – anzi devo – non firmare: quando arrivano leggi o atti amministrativi che contrastano palesemente, in maniera chiara, con la Costituzione. Ma in tutti gli altri casi non contano le mie idee, perché non è a me che la Costituzione affida il compito di fare le regole con le leggi o di guidare la macchina dello Stato, ma li affida ad altri: al Parlamento e al governo. E io ho l’obbligo di firmare, perché guai se ognuno pensasse che le proprie idee personali prevalgano sulle regole dettate dalla Costituzione. La Repubblica non funzionerebbe più…”.
Lei più di altri ha affrontato la mafia direttamente. Ha mai avuto paura?
“Io sono siciliano, di Palermo. Nella mia città, nella mia Regione, la mafia è un pericolo molto grave. In questi ultimi anni lo Stato ha inferto colpi molto pesanti, molto duri alla mafia e ne ha indebolito la forza, ma rimane sempre un pericolo molto grave e allarmante, contro il quale occorre mantenere sempre un impegno costantemente alto e molto forte. A proposito della paura, faccio riferimento alle figure più importanti, a quelle persone che sono rimaste vittime della violenza mafiosa perché la contrastavano, perché vi si opponevano, perché non si piegavano alla prepotenza dei mafiosi. Le figure più note sono Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Io li ho conosciuti bene, come ho conosciuto tante altre persone: magistrati come loro, uomini politici, giornalisti, carabinieri, donne e uomini della polizia, professionisti che hanno rifiutato di piegarsi alla prepotenza mafiosa e sono stati assassinati per questo. Erano consapevoli dei pericoli che correvano, erano a conoscenza di questi pericoli, lo sapevano, avevano timore che potesse avvenire ciò che poi è avvenuto, ma hanno vinto la paura – che è un sentimento normale quando vi sono dei pericoli – perché hanno pensato che il loro dovere fosse più importante della paura. Hanno pensato che il rispetto della dignità propria e delle funzioni che svolgevano fosse più importante della paura di evitare i pericoli. La convinzione, l’atteggiamento e l’insegnamento che vengono da queste figure è cosa che ho sempre pensato e cercato di applicare. Questo vale sempre, dovunque; vale in queste grandi frontiere, quelle contro la mafia, la camorra, la criminalità organizzata, in qualunque parte del mondo. Ma vale anche in ogni altra condizione: non bisogna mai piegarsi alla prepotenza e alla sopraffazione della violenza. A volte può capitare, anche a scuola, che qualcuno pensi di potersi imporre con prepotenza, magari con qualche gesto di violenza. Vale sempre, totalmente, questo insegnamento: non bisogna avere paura. Bisogna vincerla per rispetto di se stessi, della propria dignità e di quello che si fa. E mai piegarsi alla sopraffazione e alla violenza della prepotenza. Ma questo è l’insegnamento di quelle persone, che va raccolto, non soltanto per essere riconoscenti nei loro confronti, per ammirarli, ma per seguirne il comportamento nella vita quotidiana, costantemente”.
La nostra Italia è una terra ricca di bellezze che tanti ci invidiano. Qual è il monumento che le è più caro e perché?
“La difficoltà della risposta consiste nel fatto che è difficile – pressoché impossibile – indicare un solo monumento cui si è legati di più, perché il nostro Paese è pieno di monumenti straordinari. Quindi bisognerebbe fare un elenco piuttosto nutrito. Però forse posso rispondere indicando due monumenti che, in questo momento, mi sembrano particolarmente significativi e con i quali avverto un legame di affetto particolare. Il primo è il Duomo di Norcia. Norcia è uno dei comuni colpiti dal terremoto che tra Agosto dell’anno passato e molti mesi successivi ha devastato l’Italia centrale provocando molte vittime e creando molti danni, costringendo molte persone ad abbandonare le proprie case, danneggiando molti monumenti. Tra questi monumenti, il Duomo di Norcia, del 1200, è crollato. È rimasta in piedi soltanto la splendida facciata del 1300, di un periodo leggermente posteriore al resto della Basilica. La bellissima facciata del Duomo è rimasta in piedi come una sorta di scena di un palcoscenico teatrale. Tutto il resto è crollato. È stata messa in sicurezza, perché il Duomo sarà ricostruito. Ma quello è un simbolo dei nostri monumenti, perché quella facciata così bella che ha resistito al terremoto restando miracolosamente in piedi forse rappresenta tutti i nostri monumenti e vi penso spesso con grande attenzione e affetto. Vorrei citarne un altro: la Basilica superiore di Assisi. Vent’anni fa è stata colpita da un terremoto, è crollata una parte del soffitto. Purtroppo, in quell’occasione sono morte quattro persone. Quella parte della volta che è crollata sembrava perduta, distrutta, c’era un vuoto. Ma è stata restaurata e riportata al suo splendore originario, perché dei bravissimi restauratori italiani hanno rimesso insieme oltre 300 mila frammenti. Pensate, 300 mila piccolissimi pezzi di mosaico crollati dal soffitto sono stati recuperati uno per uno, rimessi insieme e ricollocati lassù, restituendo integralmente alla Basilica la completezza della sua bellezza artistica”.
Le dimissioni di Pietro Grasso dal Gruppo PD
Stefania Barcella
Giornalista iscritta all’albo dei pubblicisti della Lombardia (IT)