“Barbie”: quando Bambolità e Umanità si incontrano per dare un senso all’essere Donna

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Alice Locatelli e Stefania Barcella, autrici della recensione di Barbie

LA RECENSIONE DI ALICE

“Non fatevi confondere da tutto quel rosa, Barbie è molto di più”.

Mi chiamo Alice, sono una ragazza di 13 anni e questa è la mia opinione personale sul nuovissimo film Barbie di cui si è parlato già tantissimo nei mesi che hanno preceduto la sua uscita al cinema. Io l’ho visto con mia zia, e insieme abbiamo deciso di scrivere ciascuna la propria impressione da due prospettive differenti.

In breve, la trama del film: Barbie Stereotipo vive una vita perfetta insieme ai Ken e alle altre Barbie a Barbie Land, ma viene costretta ad andare nel Mondo Reale perché si scopre una Barbie non più così perfetta. Al suo ritorno, scoprirà e dovrà sistemare tutto quello che i Ken hanno combinato in sua assenza impostando un modello di vita basato sul Patriarcato: sarà necessario l’aiuto di un’Umana per ridare identità e autonomia alle Barbie a cui è stato fatto il “lavaggio del cervello”.

Questo film secondo me è molto bello: qualcuno potrebbe pensare che sia per bambini, o meglio per bambine, ma non è così. Molte scene sono cringe, lo ammetto, ma complessivamente ha un significato profondo e alcune frasi mi hanno davvero colpita: “Io non voglio essere un’idea, io voglio fare parte dell’ideazione” e “Io vorrei tanto far parte delle persone che creano valore”.

A parer mio, queste frasi rappresentano lo spirito di Barbie, che ha reso il mondo migliore rappresentando la Bellezza ma anche l’Intelligenza. Perché Barbie può essere tutto ciò che vuole e innesca la fantasia di tante generazioni, anche molto diverse fra loro.

Barbie non è solo sogni, immaginazione, scintillio. Barbie è la bambola da cui prendere ispirazione.

Barbie, “Che cosa scegli? Scarpa col tacco o ciabatta?”

LA RECENSIONE DI STEFANIA

“Tutte queste donne sono Barbie, e tutte queste Barbie sono donne”.

Questa premessa farà sicuramente storcere il naso a tantissime donne e ragazze che non si riconoscono né tantomeno si identificano con l’iconico simbolo di Barbie. Anzi, magari sono persino arrabbiate per tutto quello che di negativo – a loro giudizio – Barbie rappresenta (un po’ come la ragazzina coprotagonista del film che starà subito simpatica alle anti-Barbie).

Ma che cos’è Barbie?

Un simbolo di vita perfetta dove tutto è possibile, basta usare l’immaginazione? Un simbolo di vita perfetta in cui ogni giorno è un grande giorno? Un simbolo di vita perfetta in cui non esistono vergogna, ansia e frustrazione…?

Questo indubbiamente è il punto di partenza, che però viene completamente stravolto da un pensiero ad alta voce di Barbie Prototipo: “Avete mai pensato di morire?” […] “Morire dalla voglia di ballare!”, si affretta a precisare la Bionda per provare a ricucire lo strappo nel cielo di carta, ristabilendo la consueta atmosfera festosa spensierata e ovattata.

Ma questo tentativo non basta: la mattina dopo, infatti, Barbie si sveglia con i piedi piatti e la cellulite. Scoprirà che l’Umanità della bambina che ne era la proprietaria interferisce inevitabilmente con la sua Bambolità, e l’unico modo per cercare di sistemare le cose è lasciarsi alle spalle Barbie Land (iconicamente rappresentata dalla “scarpa col tacco”) per andare ad aiutarla nel Mondo Reale (la “ciabatta”).

Eviterò spoiler, ma gli incontri con la creatrice di Barbie (Ruth Handler), con la bambina proprietaria di Barbie ormai divenuta donna (Gloria) e con la figlia ribelle (Sasha) sono vere e proprie perle che fanno dire – a me donna, bambina cresciuta con Barbie e ora consapevole di tutto quello che la vita ci offre oltre le “Cinquanta sfumature di rosa e scintillii” – che sì, ne vale la pena: perché al centro del film non c’è la Bambolità, ma tutta l’affascinante, complessa e difficile Umanità del Mondo Reale fuori da ogni retorica.

Le scene surrealmente banali che i detrattori a priori del film sicuramente si aspettano effettivamente ci sono: non lo nego. Ma a tutte le ragazze e le donne che si sono sentite Barbie anche solo per qualche ora di gioco nella propria infanzia… andate oltre, e provate a cogliere il verso senso di quello che guardate.

In una vita che è un continuo cambiamento, a volte terrificante, a volte indesiderato, può capitare che non ci riconosciamo più, che ci sentiamo inadeguate e che non siamo sicure di quale sia il nostro posto. Questo genera paura e smarrimento. Tuttavia, anche se non possiamo rendere tutto “perfetto” possiamo renderlo “migliore”.

Forse tutto ciò che pensavamo ci definisse non è davvero “noi”, e forse quello che vogliamo è semplicemente arrivare alla fine della giornata sentendo che siamo a nostro agio con la nostra Umanità.

A cura di Alice Locatelli e Stefania Barcella